Cassazione: "Cedibile insieme all’immobile anche l’uso esclusivo di una porzione di cortile condominiale"
Cedibile insieme all’immobile anche l’uso esclusivo di una porzione di cortile condominiale
Riconosciuta su alcuni beni la coesistenza di facoltà individuali e degli altri partecipanti secondo modalità non paritarire
Legittima la cessione di un immobile insieme all’uso esclusivo di una porzione di cortile condominiale. Si tratta, infatti, di un diritto diverso da quello reale previsto dal codice civile riguardando, invece, la cessione di beni comuni sui quali possono coesistere facoltà individuali e degli altri partecipanti secondo modalità non paritarie.
Lo ha affermato la seconda sezione civile della Cassazione con la sentenza 24301 del 16 ottobre che ha respinto il ricorso di un condominio nei confronti di una società che aveva acquistato un immobile e l’uso esclusivo di due porzioni del cortile condominiale. In seguito la società ha venduto l’immobile comprensivo del diritto di uso esclusivo ma il condominio ha sostenuto che l’uso esclusivo non poteva essere ceduto trattandosi di un diritto reale e che comunque si sarebbe estinto perché prossimo al trentennio, durata massima del diritto di uso.
I giudici di merito hanno respinto la domanda e la vicenda è giunta in Cassazione. I giudici di legittimità nel correggere la motivazione della Corte d’appello, confermando tuttavia il rigetto del ricorso, hanno affermato che l'articolo 1117del codice civile, nell'indicare le parti comuni di un edificio in condominio, dispone che tale indicazione vale "se non risulta il contrario dal titolo". Ne deriva che, al momento della costituzione del condominio, coincidente con la prima vendita di una singola unità immobiliare da parte dell'originario proprietario in virtù di clausole contenute nel relativo atto, anche mediante eventuale richiamo di un previo regolamento di condominio, è lasciata all'autonomia delle parti la possibilità di sottrarre alla presunzione di comunione almeno alcune delle parti altrimenti comuni. Se ciò è possibile, a maggior ragione è possibile, nella medesima sede costitutiva del condominio, che le parti convengano l'uso esclusivo" di una parte comune in favore di uno o più determinati condomini”.
Ne consegue, ha proseguito la Cassazione, che sotto la dizione di uso esclusivo di parti comuni, che si oppone a quella di uso comune, si cela la coesistenza, su parti comuni, di facoltà individuali dell'usuario e facoltà degli altri partecipanti, secondo modalità non paritarie determinate dal titolo e, se del caso, dal giudice che debba interpretarlo, in funzione del migliore godimento di porzioni di piano in proprietà esclusiva cui detti godimenti individuali accedano.
Pertanto deve riconoscersi in generale nella parte comune, anche se sottoposta ad uso esclusivo, il permanere della sua qualità - appunto – “comune”, con la conseguenza che tutti i comproprietari ne possono godere in maniera differenziata e che l'uso esclusivo si trasmette, al pari degli ordinari poteri dominicali sulle parti comuni, anche ai successivi aventi causa sia dell'unità cui l'uso stesso accede che delle altre correlativamente fruenti di minori utilità.
Esso, dunque, ha concluso la Cassazione, quale connotazione del diritto di proprietà, tendenzialmente perpetuo e trasferibile, non è in alcun modo riconducibile, se non per assonanza terminologica, al diritto reale d'uso di cui agli articoli 1021 e seguenti del codice civile, di cui l'uso esclusivo di parte comune nel condominio non mutua i limiti né di durata, né alla trasferibilità, e neppure le modalità di estinzione